Per molto tempo, e forse tutt’ora, l’esercizio fisico è stato considerato prevalentemente uno strumento per il controllo del peso: muoversi assumeva una valenza quasi negativa vista come una punizione da infliggere al proprio corpo per gli sgarri fatti a tavola. L’esercizio fisico, però, va ben oltre il controllo della bilancia e andrebbe visto in chiave positiva come premio che diamo ai noi stessi, al nostro corpo e alla nostra mente.
L’esercizio fisico, infatti, è in grado di migliorare il nostro benessere psicologico. Anche gli operatori della salute mentale, quindi, dovrebbero conoscere meglio questo prezioso strumento terapeutico ed incorporarlo nella propria attività clinica.
Dopamina (DA), Noradrenalina (NE), e Serotonina (5-HT) sono i tre principali neurotrasmettitori modulati dall’esercizio fisico. Questi stessi neurotrasmettitori hanno un ruolo importante in molte condizioni di sofferenza mentale.
Molti studi mostrano come l’esercizio fisico abbia degli effetti positivi sulla sintomatologia depressiva. Alcuni studi hanno misurato il livello di 5-HT in topi che avevano sviluppato sintomi depressivi a seguito della separazione dalla madre. L’esercizio fisico sulla ruota era associato ad un miglioramento della depressione e ad un aumento della sintesi di 5-HT.
Naturalmente un paziente gravemente depresso potrebbe avere delle enormi difficoltà anche solo ad alzarsi dal letto e riuscire ad occuparsi delle semplici attività quotidiane potrebbe essere una grande conquista. Sarebbe quindi inutile e deleterio suggerire attività fisica in queste fasi del disturbo. Riattivare il paziente dal punto di vista motorio è fondamentale, ma va fatto a piccoli passi concordati insieme ad un terapeuta esperto. Il rischio iatrogeno, infatti, sarebbe quello di far sentire il paziente ancora più affranto ed aumentare il senso di inaiutabilità.
Spostandoci nell’area più legata ai sintomi ansiosi invece, molte persone che soffrono (ho hanno sofferto) di attacchi di panico tendono ad evitare l’esercizio fisico per non provare sensazioni fisiche (aumento del battito cardiaco, dispnea…) che sono simili a quelle sperimentate durante l’attacco. Anche se si tratta di due situazioni differenti, (l’attacco di panico è una reazione di paura acuta a “ciel sereno” mentre in questo caso sono sintomi fisici legati ad una causa precisa ed identificabile: il movimento) questi sintomi fisici possono essere mal tollerati o interpretati in modo catastrofico, entrando in uno stato di allarme generale che aumenta l’ansia. In realtà però molti studi hanno dimostrato come l’esercizio fisico sia in grado di portare innumerevoli benefici anche a chi ha una storia di attacchi di panico. Ovviamente prima di utilizzare l’esercizio fisico è necessario un trattamento specifico che rompa il circolo vizioso del panico e che esponga gradualmente la persona a tollerare le sensazioni fisiche ad esso associate.
Disturbo da Stress-Post Traumatico (PTSD)
Il PTSD è associato, tra le altre cose, ad un importante aumento dell’attivazione fisiologica. Questo significa essere costantemente in uno stato di allarme sia mentale che fisico.
Quando il nostro corpo vive una condizione di minaccia, vengono attivate una serie di risposte neuroendocrine, inclusa la secrezione di glucocorticoidi tra cui il più famoso cortisolo. Questo tipo di risposta prolungata nel tempo porta ad una serie di conseguenze fisiche come obesità, e ipertensione, ma anche cognitive come difficoltà di concentrazione e memoria.
Questi effetti sono peggiorati in caso di inattività fisica.
Al contrario l’introduzione di movimento può migliorare notevolmente gli effetti metabolici e psicologici legati ad una condizione di stress cronico ed iperarousal. Rendendo quindi indispensabile motivare queste persone ad un graduale passaggio dall’inattività all’esercizio fisico. Basti pensare che, negli Stati Uniti, alcuni importanti centri di riferimento per la cura del trauma psicologico hanno delle palestre al loro interno: ciò ci fa ben capre l’importanza terapeutica del movimento.
L’esercizio fisico non solo ha un effetto sui neurotrasmettitori, ma anche sulla produzione di endorfine. Questi oppiacei endogeni svolgono, tra le altre cose, un’attività analgesica ecco perché, ad esempio, nel trattamento del dolore è indispensabile l’esercizio fisico. Al contrario molte persone pensano di dover ridurre il loro movimento e questa inattività conduce ad un circolo vizioso che mantiene ed amplifica il dolore.
Ma non solo, le endorfine hanno anche una funzione “euforizzante”: ci fanno sentire bene, migliorano il nostro umore.
Quando siamo molto sedentari, all’inizio riuscire a muoversi può sembrare uno scoglio insormontabile. La fatica nel breve termine sembra superare i vantaggi nel lungo termine. In questi casi la gradualità è la parola d’ordine. L’inizio graduale dobbiamo sceglierlo noi stessi, sulla base delle nostre esigenze. All’inizio per spezzare il circolo vizioso della sedentarietà, basteranno anche 2 o 3 minuti di movimento. Mano a mano i benefici diventeranno superiori agli svantaggi. Provare per credere 😉
L’attività fisica quindi, è in grado di migliorare la nostra salute non solo fisica, ma anche mentale. E’ uno strumento molto potente che dovrebbe essere inserito nella pratica clinica non a “casaccio” ma, al contrario, seguendo un razionale scientifico e questo significa avere ben in mente sia la psicopatologia da un punto di vista clinico fenomenologico che neurobiologico. La collaborazione tra diverse figure professionali è, a mio avviso, la chiave per un trattamento completo ed efficace.
Dott.ssa Roberta Guerra
Fonti bibliografiche:
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Dr. Christina Hibbert in the May 2016 issue of The Neuropsychotherapist
Lin, T.-W., & Kuo, Y.-M. (2013). Exercise Benefits Brain Function: The Monoamine Connection. Brain Sciences, 3(1), 39–53.
Tae Woon K., Baek V, Dongjin B., Dong-Soo R., Jin Hee S. (2015) Stress-Induced Depression Is Alleviated by Aerobic Exercise Through Up-Regulation of 5-Hydroxytryptamine 1A Receptors in Rats. Int Neurourol J., 19 (1): 27-33.