Vantaggi e svantaggi dell’ansia

Nella vita quotidiana capita spesso di parlare di ansia e facilmente se ne parla in termini negativi, come se si trattasse di “qualcosa da evitare”. Difficilmente riusciamo a percepirne l’utilità, ma c’è eccome! Innanzitutto quando parliamo di ansia ci riferiamo all’area emotiva della paura: si dice infatti che paura e ansia “siano sorelle”.Entrambe segnalano un pericolo e si attivano quando “percepiamo o ipotizziamo una minaccia ad un nostro scopo” (Lorenzini, Sassaroli, 2000). Generalmente più la minaccia è definita,immediata, presente e  lo scopo minacciato è chiaro, tanto più si parla di paura. Ci riferiamo invece all’ansia  quando la minaccia è indefinita, lontana nel tempo e nello spazio (frequentemente è collocata nel futuro) e lo scopo minacciato è più sfumato. Sintetizzando si può dire che “l’ansia è la sorella evoluta della paura” ed è tipicamente umana (mentre la paura la condividiamo anche con diverse specie animali).finche-ce-vita-ce-ansia

Ma essere in ansia può servirci? Se pensiamo all’ansia come un segnale di allarme che si attiva di fronte ad un possibile pericolo, inizieremo a capire il suo importantissimo ruolo: essa, come la paura, prepara a mettersi in salvo, attivando la cosiddetta reazione di “attacco o fuga” (caratterizzata da una serie di cambiamenti fisiologici come l’aumento del battito cardiaco per facilitare il trasporto di ossigeno ai muscoli, l’aumento della frequenza respiratoria per avere più ossigeno a disposizione,l’aumento del tono muscolare per rendere i  muscoli pronti all’azione, la mente si concentra esclusivamente sullo stimolo minaccioso, etc). Ad esempio se  stiamo guidando la nostra automobile e improvvisamente vediamo arrivare un’altra auto che a gran velocità si dirige verso di noi, automaticamente ci spaventiamo e proveremo a frenare o a sterzare per evitare lo scontro. Ancora prima che il nostro piede abbia toccato il freno o la nostra mano il volante, il nostro cervello ha già avvertito il pericolo e ha messo in moto il sistema nervoso autonomo che, attraverso il rilascio di adrenalina, attiva una serie di cambiamenti fisiologici che ci permettono di reagire in modo rapido ed efficiente al pericolo.

L’ansia, come la paura, è quindi il segnale che permette di salvarci, di sfuggire ai pericoli e alle situazioni minacciose. Dobbiamo sottolineare che in ogni situazione di allarme si genera una risposta di attacco o fuga,ma quest’ultima  non raggiunge sempre l’intensità che si ha in una situazione di vita o di morte. E poi se pensiamo che la paura ha le sue radici nel corso dell’evoluzione della specie, capiremo che, anche se lo scenario in cui ci troviamo oggi è diverso dalla savana popolata di animali feroci e pericoli dove vivevano i nostri antenati, gli strumenti emotivi che abbiamo a disposizione rimangono gli stessi. Dunque un certo grado di ansia, se non è eccessivo, può essere estremamente utile non soltanto in presenza di un pericolo fisico, ma anche in alcune situazioni che richiedono impegno, concentrazione e attenzione, come ad esempio quando dobbiamo sostenere una prova o un esame. Infatti essere un po’ in ansia prima di un esame può migliorare il rendimento rendendoci molto più attenti, vigili e pronti ad affrontare il compito che stiamo svolgendo, escludendo tutti gli stimoli fonti di distrazione. Se fossimo totalmente rilassati prima di un esame forse non riusciremmo ad ottenere una buona prestazione. Esistono infatti diversi studi che sottolineano come una modesta attivazione ansiosa  (e quindi l’aumento dell’adrenalina correlato) migliori la performance (Andrews et al. 2003). Nello stesso tempo però, un livello eccessivo di ansia,  influirà negativamente sulla prestazione,proprio perchè la persona si concentrerà sui sintomi ansiosi piuttosto che sul compito da svolgere, risultando meno attenta e dunque maggiormente esposta al rischio di commettere errori. Questa relazione fra ansia e prestazioni può essere osservata nella curva di Yerkes-Dodson (Yerkes & Dodson, 1908).

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curva di Yerkes-Dodson (1908)

L’ansia può quindi divenire disfunzionale quando si attiva troppo, o troppo facilmente o nel momento sbagliato. L’ansia diventa quindi disadattiva quando compare (con tutta l’attivazione fisiologica ad essa associata) in situazioni che non costituiscono un pericolo per la propria incolumità fisica. Questo è quello che frequentemente accade nel mondo moderno. Ad esempio durante un colloquio di lavoro, si innesca l’ansia e  tutti i meccanismi fisiologici che preparano il nostro organismo all’attacco o alla fuga. Tuttavia difficilmente scapperemo a gambe levate durante un colloquio di lavoro o attaccheremo il nostro interlocutore. E allora dove va a finire tutta l’attivazione corporea destinata all’attacco o alla fuga? Essa non trova una valvola di sfogo e necessiterà di un po’ di tempo per disattivarsi,prolungando così lo spiacevole stato di attivazione ansiosa.ansia-legnago-1

Inoltre quando il nostro sistema di allarme è diventato troppo sensibile, può attivare la reazione di attacco o fuga quando non è necessario, producendo ansia in quelle situazioni in cui la maggior parte delle persone rimane tranquilla.  In sintesi è come se  percepissimo dei falsi allarmi. Questo è quello che accade ad esempio durante l’attacco di panico: infatti si può dire che “l’attacco di panico costituisce una risposta di attacco o fuga attivata in un momento sbagliato, in assenza di un vero pericolo esterno” (Andrews et al. 2003).

In conclusione l’ansia, in virtù della sua funzione e utilità  nella nostra vita,non rappresenta qualcosa da “eliminare “ma un importante sistema di allarme che può rivelarsi estremamente funzionale, sia in termini di sopravvivenza che in termini di efficacia nelle prestazioni. Nello stesso tempo è importante riconoscere il rischio che si corre quando l’ansia è eccessiva e quando il nostro sistema di allarme si attiva troppo facilmente in corripondenza di stimoli non realmente pericolosi . In questo caso risulta importante individuare modalità più funzionali di gestione dell’ansia per evitare che essa arrivi a livelli eccessivi o permanga troppo a lungo lasciando la persona in uno stato spiacevole e  influenzando negativamente lo svolgimento delle attività quotidiane.

Bibliografia

Lorenzini R., Lissandron S. (2010). La cura delle emozioni in terapia cognitiva.

Andrews G., Creamer M., Crino R., Hunt C., Lampe L., Page A. (2003) Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuali per chi soffre del disturbo. Edizione italiana a cura di Guidi A., Leveni D., Lussetti M., Morosini L., Piacentini D., Rossi G.

Lorenzini R., Sassaroli S. (2000). La mente prigioniera

Yerkes RM, Dodson JD (1908). “The relation of strength of stimulus to rapidity of habit-formation”. Journal of Comparative Neurology and Psychology. 18: 459–482.

Fonti foto

http://www.psicologo-milano.it/newblog/ansia-8-curiosita/

http://www.itcc.it/info/ansia/

http://www.modellidicambiamento.com/matteodetomipsicologo/tag/disturbi-dansia/

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